Tra le ombre del Conflitto: Esplorando il dolore nell’Animo Umano
- Cristian Lucenti
- 30 nov 2023
- Tempo di lettura: 5 min
Abstract
Il tema del conflitto e del dolore è qualcosa che ha sempre occupato i pensieri degli esseri umani, perché è qualcosa che ha accompagnato l’umanità nei secoli dei secoli. I filosofi e i vari pensatori hanno parlato molto del dolore e del conflitto. Tutti hanno cercato di dare soluzioni per affrontarli e superarli, ma davvero si possono superare questi problemi? Forse gli umani si illudono di poter affrontare questi problemi, o forse lo sanno che non si possono curare questi mali. Magari gli umani dovrebbero solo accettare che non ci sono vie di fuga da queste due realtà è che l’unica cosa razionale e sensata da fare sia quella di subire e accettare la sorte così com’è. O forse no…
Le Ombre del Conflitto
Il dolore dell’essere:
“Desiderar la vita in qualunque caso e in tutta l’estensione di questo desiderio, non è insomma altro che desiderare l’infelicità; desiderar di vivere è quanto desiderare di essere infelice.” [1]
Così scrisse Giacomo Leopardi nello Zibaldone, una delle sue opere più famose. Leopardi afferma che la vita è fatta di dolore, l’uomo dinnanzi alla vita o alla natura non è altro che un essere che viene ingannato fin dalla giovane età, la vita stessa promette felicità all’uomo, ma poi quando l’uomo cresce si rende conto che tutte quelle promesse di una vita bella e meravigliosa, si rivelano false, illusioni a cui ha creduto. L’uomo come dirà Leopardi è una vittima innocente della natura, che lui chiama “matrigna”. Ma anche l’uomo, che già soffre per colpa della vita e della natura, decide di far soffrire di più gli altri esseri umani, e quindi invece di unirsi e fare squadra con gli altri, per cercare di alleviare questo dolore universale che tutti gli umani condividono, decide di peggiorare le cose, facendosi guerra e uccidendosi a vicenda. Quindi l’uomo soffre, sia per cause esterne a lui, sia per cause interne. Gli esseri umani, dotati di un animo percettivo e sensibile, sentono e soffrono come tutti gli animali, ma a differenza degli animali gli umani sono capaci di elaborare questo pensiero, e cercando di capire cosa sia il dolore, domandandosi il perché, ossia la causa prima di questo dolore, cercano anche di capire come comportarsi davanti al dolore stesso e con quali metodi affrontarlo. Ad esempio, i filosofi della στοὰ ποικίλη (gli stoici) pensavano che il dolore fosse qualcosa di positivo per l’animo umano in quanto aiutava a fortificare l’uomo dalle passioni, viste come qualcosa da cui allontanarsi, ma aiutava l’uomo anche ad affrontare la vita in modo più tranquillo e consapevole. Infatti, penso che ci sia una visione sbagliata riguardo al dolore, visto come qualcosa che ci distrugge dall’interno, ma in realtà bisognerebbe avere una visione più stoica, dove il dolore non viene visto solo come un male, ma anche come un'esperienza da cui apprendere e imparare. Pensate alla seconda alla seconda guerra, al trauma che ha lasciato su un'intera generazione di persone, e a tutto il dolore che si è portato dietro. Dopo la Seconda guerra mondiale, è nate l’Onu, con lo scopo di garantire la pace nel mondo, proprio perché il dolore di ciò che era successo aveva creato una ferita indelebile sulla coscienza collettiva umana. Ma attenzione non sto affermando che il dolore allora sia qualcosa di positivo e che vada accolto, sto dicendo che a volte il dolore può far apprendere determinate cose che senza forse non avremmo capito. Nella visione classica della natura umana esistono due tipi dolore, il dolore che riguarda il corpo e la nostra carne, ossia il dolore fisico e poi c’è quello che riguarda la nostra ψυχή (anima), che riguarda il dolore interiore. Qualche volta si dibatte se uno di questi due dolori sia o non più grave dell’altro, ma affermo che dibattere riguardo ciò sia inutile, perché questi due dolori, pur avendo delle differenze, colpiscono allo stesso modo l’uomo e lasciano, chi più e chi meno, delle ferite. Il dolore fisico è qualcosa con cui l’umanità è sempre entrata in contatto, nel secolo XXI i moderni vivono in un tale benessere, garantito dal progresso scientifico e tecnologico, che possono solo immaginare le sofferenze fisiche che pativano i loro antenati. Infatti, per secoli gli uomini non avevano quelle conoscenze per alleviare o curare i dolori del corpo, e soffrivano molto. Oltretutto non capivano perché di tale sofferenza, e perciò iniziarono a creare miti che spiegassero proprio questo. Tutti avranno sentito parlare del mito Aurea aetas (età dell’oro), e in particolare di quello di Esiodo, secondo cui ci fu un tempo in cui l’umanità viveva spensierata e libera dal dolore e dalla morte, dove non c’erano lotte e conflitti, dove gli umani vivevano nell’Otium più totale, ma gli umani furono puniti dagli dèi e così si spiegano tutte le sofferenze umane. Questa è una spiegazione mitica, ma le moderne scienze ci dicono che in realtà il dolore non è una qualche “punizione divina” ma, come ho già detto più sopra, anche una specie di allarme che ti permette di comprendere delle cose che senza il dolore non capiresti. Tutti gli esseri viventi tendono all’autoconservazione di sé stessi, come diceva il filosofo naturalista Bernardino Telesio, e perciò il dolore fisico è una forma di protezione dagli eventi pericolosi del mondo esterno, una strategia evolutiva che serve proprio per non ripetere azioni pericolose, che già avendo provato dolore per colpa di quelle azioni, molto probabilmente non rifaremo più. Il dolore interiore è qualcosa che non ci colpisce il nostro corpo, ma il nostro animo. Infatti, il nostro animo soffre quando da uno stato di tranquillità, passa allo stato di turbamento. Nella nostra realtà viene a crearsi una rottura, che colpisce ciò la nostra interiorità e questo crea un forte disagio. Bisogna distinguere quattro tipi di dolore interiore: quelli psicologici, relazionali, spirituali ed esistenziali.
Il conflitto come motore della storia:
Che cos’è la storia, se non il susseguirsi delle vicende umane, e che cosa sono le vicende umane, se non il fenomeno causato dai nostri desideri di ricchezza, potere e dominazione su altri esseri umani. Questo però genera conflitto, ma il conflitto non è che il desiderio di uno che si scontra con il desiderio di un altro, e questo crea un “urto” (conflitto, dal lat. conflictus “urto”). Ma perché è così, perché gli umani si combattono tra loro, forse riguarda la nostra natura animale oppure perché effettivamente vogliamo dominarci. Nel mondo animale il conflitto è una costante, perché lo scopo di ogni animale è riprodursi; perciò, ogni animale lotta contro altri animali per cercare di conquistare e riprodursi con la femmina della loro specie. Ma non solo per un fattore riproduttivo, ma anche nella lotta tra predatori e prede, come per esempio il Leone e la Zebra, infatti tutti e due vogliono sopravvivere, ma una per vivere deve per forza uccidere l’altra, in poche parole il leone deve applicare il principio del mors tua, vita mea. Ma in ogni caso, gli uomini a differenza degli animali si combattono tra loro non tanto per necessita vere, ma per capricci propri. Però non può e non deve, il conflitto, essere ridotto solo questo, perché, anche se è vero che molto spesso i conflitti nascano per il desiderio dei singoli di avere più potere, ci sono stati conflitti necessari e giusti, senza i quali oggi l’umanità non sarebbe progredita. Pensiamo alla Rivoluzione francese, e a tutto ciò che ha comportato, certo è stata un qualcosa di sanguinoso e violento, ma ha portato a una nuova visione della società, dove tutti formalmente erano uguali davanti allo stato e alla legge, venne abolita la monarchia, e venne emanata una dichiarazione dei diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino. Pensiamo alla guerra civile italiana nella Seconda guerra mondiale, quando i partigiani e gli alleati liberarono l'Italia dal nazifascismo, anche lì ci furono tanti morti e feriti, tanto dolore, ma comunque fu necessario per porre fine alla dittatura. Come dicevano i latini “Si vis pacem, para bellum” (se vuoi la pace, prepara la guerra).
[1] Giacomo Leopardi, a cura di Giosuè Carducci, Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura. Vol. I, Firenze, Le Monnier, 1898, p.829